Atti di sottomissione by Megan Nolan

Atti di sottomissione by Megan Nolan

autore:Megan Nolan [Nolan, Megan]
La lingua: ita
Format: epub
editore: NN
pubblicato: 2022-01-03T23:00:00+00:00


Ottobre 2013

1.

Un sabato sera siamo andati a vedere un film al vecchio cinema Screen su Hawkins Street. Era da tutta la settimana che aspettavo di uscire con lui, di vestirmi bene e andare poi a bere qualcosa. Lungo la strada, Ciaran era rilassato, loquace e ha sfilato il braccio da una manica del cappotto per coprire anche me, così da stringerci l’uno all’altra come in una corsa a tre gambe. Davamo fastidio ai passanti sul marciapiede e ridevamo di loro.

Il film era un rocambolesco thriller con Brad Pitt, e dietro di noi un gruppo di adolescenti di tanto in tanto strillava e scoppiava a ridere quando qualcuno li zittiva. Ho sentito il buonumore evaporare da Ciaran e il suo corpo irrigidirsi, vigoroso e aggressivo. Ho cercato la sua mano per stringerla e rassicurarlo, e lui l’ha lasciata lì calda, asciutta, inerte sotto il mio tocco.

Ogni volta che i ragazzi facevano rumore, il mio stomaco vacillava e non riuscivo a non guardare di nascosto Ciaran che alla fine mi ha sussurrato seccato: «Smettila di fissarmi» e ha tolto il braccio dal mio grembo. Ho guardato davanti a me, in preda al panico, chiedendomi se avrei dovuto proporre di andarcene, ma poi il baccano si è placato e ho pensato che forse era tutto ok e l’avevamo scampata, prima che quelli ricominciassero a schiamazzare per le tette di un’attrice o per un mucchio di cocaina.

«Ce ne andiamo?» gli ho bisbigliato, ma mi ha ignorato.

Sono rimasta un’ora seduta immobile, paurosamente consapevole di ogni secondo che trascorreva, in attesa degli schiamazzi successivi. Quando alla fine i ragazzi hanno iniziato a scavalcare i sedili e a lanciarsi cibo, Ciaran si è voltato e ha detto: «Potete stare zitti, cazzo?». Ho serrato gli occhi mentre lo prendevano in giro ripetendo quello che aveva detto, esagerando il suo accento e ridendo a più non posso. Era inaccettabile, Ciaran non tollerava le prese in giro, così si è alzato e se n’è andato, uscendo dal lato opposto rispetto a dov’ero seduta io per non coinvolgermi, portarmi per mano con sé o scavalcarmi. L’ho seguito, allontanandomi dai gridolini trionfanti dei ragazzi.

Fuori, si stava accendendo una sigaretta.

«Mi dispiace moltissimo» ho detto.

«Cosa ti dispiace?».

Non lo sapevo.

«Ce ne andiamo a bere qualcosa e basta?» ho chiesto, infilando un braccio sotto il suo cappotto, intorno alla vita.

«Col cazzo, è sabato sera – a quest’ora tutti i locali saranno pieni di idioti».

Ho evitato di fargli notare che era lo stesso sabato sera di prima del film, un sabato sera in cui era felice di andare a bere, in cui, quello stesso pomeriggio, aveva discusso con me sul bar dove andare.

«Allora possiamo comprare cibo e vino o quello che ci pare e andare a casa, no? Guardiamo qualcosa o ascoltiamo i dischi?». Adesso cominciavo a disperarmi e lo sentivo nel tono della mia voce.

«Cosa stai dicendo? Abbiamo cenato prima di uscire, vuoi mangiare ancora?».

Non volevo mangiare, e nemmeno scalpitavo per bere, volevo solo avere qualcosa da fare insieme per ritrovare il buonumore, un’attività che desse



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